Che fosse il suo ultimo concerto non ci credeva e non ci crede nessuno, però così ha detto all’inizio:
Avrete sentito dire in giro che questo è il mio ultimo tour, ebbene è vero. Ma in queste due ore in cui ci divertiremo sul palco vi chiedo una cosa; fate come me, che non ci sto pensando per niente.
Ora, uno che ha quella voce lì dovrebbe cantare continuamente, vita natural durante, fare solo quello; però vabbè, se vuole smettere che smetta, ma è un peccato, ecco.
Concerto impeccabile: pieno di musica (una band di giovani, figlio Claudio alla batteria compreso. Menzione speciale per il bassista rockettaro che ballava come un indemoniato), arrangiamenti bellissimi, scaletta a mio giudizio perfetta. Dalla sorpresa dell’inizio (Viaggiatori d’occidente e Ventilazione, riascoltata con piacere immenso: “Daremo aria a queste sanze molto prima che sia Natale…”) ai pezzi di Decadancing (però non si fa così, di non sunare La normalità , eh!), dal rock ai momenti intimisti piano e voce, un equilibrio incredibile tra piano e forte, tra il poeta e il musicista.
Perle sparse: Carte da decifrare, il colpo al cuore di Chi guarda Genova morbidamente riarrangiata, la “canzone di speranza” ossia I treni a vapore (il dolore passerà , e speriamo che passi davvero “di stazione in stazione e di porta in porta”), la dolcezza di Lindbergh (mascara quasi sciolto, occhi effetto panda), la potenza di Di tanto amore (più nessuna traccia di mascara, a parte sul kleenex).
Regali finali: Una notte in Italia, tagliente e secca come la sua lama di luna e La costruzione di un amore, poteva mancare? “Una di quelle canzoni che si scrivono quando si è giovani”.
Standing ovation perché non si è risparmiato, perché ci ha messo il cuore, perché speriamo tutti di risentirlo.
Senti, facciamo così: o non scrivi più pezzi nuovi e fai solo tour, intanto hai un repertorio per fare almeno dieci di queste scalette fantastiche, oppure non fai più tour ma continui a scrviere canzoni, Una delle due, che noi qui abbiamo bisogno.