First things first: per tutti quelli che hanno commentato e continuano a commentare questo post su Fossati (grazie!) un doveroso aggiornamento.
Ebbene sì, è successo. A un mese dai 41 anni, dopo quasi tre decenni di ascolto continuo e testi a memoria e ricordi e concerti, ho incontrato Ivano Fossati. E come ha detto bene una persona che era con me, ho “risarcito la ragazzina che sono stata”.
E vabbè.
Ora vi dico anche come e dove, ché sarebbe l’argomento di questo post, ma il momento-groupie doveva necessariamente arrivare prima.
Festivaletteratura di Mantova, incontro fra Beppe Severgnini, che ai giovani ha dedicato il suo Italiani di domani e Ivano nostro, appunto, che con la sua Terra dove andare, scritta nel 1988, ha scritto un manifesto ancora attualissimo dello scoramento e che si vive in quell’età limbo in cui non si è più adolescenti ma neppure adulti, non si sa bene dove andare, appunto, e se ci sia strada da percorrere (anche se: Caminante, no hay camino, se hace camino al andar.) E’ stato un bell’incontro: divertente, amichevole, ricco di spunti. Se volete, trovate qualcosa su twitter.
A me è piaciuto soprattutto perché non grondava buonismo. Non è stato condiscendente verso ‘i giovani’. E’ stato anche duro, a tratti, nel dire le cose come stanno. Mi ha ricordato quello che ci ripetiamo spesso con Mafe De Baggis: La verità è che non sei bravo abbastanza. E anche, se volete dare un’occhiata a una bella presentazione, che non è sempre colpa degli altri se dopo il colloquio non vi richiamano.
Il libro di Severgnini descrive otto T per avere successo: Talento, Tenacia, Tempismo, Tolleranza, Totem, Tenerezza, Terra, Testa. L’incontro, affollatissimo, è durato poco più di un’ora (e niente domande dal pubblico, purtroppo) e ha potuto toccarne solo alcune. Io vi riporto quelle che mi sono piaciute di più. Inutile aggiungere che sono molto d’accordo.
Talento: “Attenzione a non scambiare la passione con il talento, che si manifesta da piccoli, non arriva a 30 anni. Tutto il resto è passione, che va benissimo, ma non è talento. Bisogna essere brutali nel riconoscere anche l’assenza di talento – ricorda Fossati (mia personale standing ovation), anche perché adesso ci sono più possibilità di emergere:
“Non credo ai geni incompresi, in generale. E soprattutto oggi, quando mostrare il proprio talento a una platea sterminata è più semplice.”
Altri consigli? evitare la sopravvalutazione che “Nell’ambiente della musica si spreca”, ha aggiunto Fossati. E pensa che non frequenta i social network, ho aggiunto invece io. Se no chissà cosa avrebbe detto.
Tenacia: fondamentale, insieme al talento, vista anche come capacità di cadere e rialzarsi. “Preferisco il talento, è ovvio. Ma con talento e senza tenacia non si va da nessuna parte, con tenacia e senza o con poco talento, forse un po’ di strada la si fa”.
Tempismo come esserci, cogliere le occasioni, essere pronti a partire, a muoversi, a cambiare, a desbelinarsi, se posso usare la lingua madre, dato che c’era Fossati. Ho visto che una dichiarazione di Fossati ha raccolto commenti caustici su twitter (“Ho chiamato dei musicisti per un tour e la prima cosa che mi hanno chiesto è stata quanti soldi avrebbero guadagnato”, seguono risposte tipo “Eh certo, alla gente piace lavorare gratis”, eccetera. Sfruttatore!). Per come l’ho intesa io, e per come l’ha chiosata Severgnini, non si trattava di un discorso economico: essere pronti a cogliere le occasioni, soprattutto quando si è agli inizi, non significa lavorare gratis o in condizioni pessime; significa però saper vedere le priorità . Quanta esperienza farò? Di che tipo? Mi servirà per ottenere altri lavori? E infine: sono proprio certo che chiedere come prima cosa “A che ora posso andare a casa la sera” o “Quante ferie avrò?’ sia il modo migliore di accogliere una (interessante) proposta di lavoro? (Io, che giovane non sono, e per fare un esempio altamente improbabile, mi chiamasse il New York Times per dirmi “Vieni un mese a lavorare da noi” articolerei a malapena un “Grazie, parto domani”, per dire).
Infine la Tenerezza, che per Fossati significa anche lo smorzare il protagonismo, il livore verso chi ce l’ha fatta: “Sento molti dire: sarei stato capace di farlo anche io, e meglio” – di nuovo ho pensato: e meno male che non frequenta i social network.
Ma anche, tenerezza vista come darsi tregua, come bellezza di prendersi una pausa e vivere certe cose fuori dal palco, da spettatori.
Insomma poi, parlando di talento che sa prendersi una pausa per lasciare spazio alla vita Severgnini, seguito da Fossati, ha ricordato De Andrè. E quindi per me, si è chiuso – benissimo – il cerchio.
Che bello, bello bello…e quanta verità le otto T….nel nostro piccolo quando capita di fare qualche “conversazione” di lavoro lo stipendio e le ferie sono le prime domande, ultimamente una ragazza mi ha detto “naturalmente la domenica è chiuso?” (ho una pasticceria) …. questi messaggi di grande saggezza mi hanno ricordato “last lecture” di Randy Pausch, da ignorante sono stato costretto a seguire con i sottotitoli in ita, ma una delle cose che più mi hanno commosso… e vabbè sarà che sto invecchiando
Ho incontrato questo post senza volerlo e, per la prima volta da chissà quanto tempo, mi sono commosso.. Non sono un fan di fossati e ne possiedo un solo album, la pianta del tè, perchè conteneva la meravigliosa “terra dove andare”. Ho subito rispolverato il vinile che non ascoltavo da almeno 25 anni e all’ improvviso sono tornato al 1988, quando avevo davvero 18 anni e non avevo terra dove andare o ombra dentro la quale sparire. Ho rivisto quel ragazzino a cui il padre diceva di aspettare e il sindacato di firmare e a cui alla fine il cielo ha fatto segno di andare e, non mi vergogno a dirlo, mi sono asciugato due lacrime. Dopo quasi 30 anni sono ormai padre e avevo dimenticato quel ragazzo ed i suoi tormenti, spero che questo momento mi faccia diventare un padre migliore. Per quello che vale grazie, è stato un attimo magico che vale molto più di quello che si possa credere.
Caro Claudio, grazie davvero per questo commento. Dopo averla ascoltata fino a consumarla all’età in cui non avevo davvero terra dove andare, anche a me adesso fa quell’effetto. Chissà se poi siamo andati nel verso giusto? Mah?