Il mio rapporto con l’atto di stirare è semplice. Non stiro. Non ho mai stirato, non ho mai imparato, non ho mai voluto imparare. Prima con scuse anche fantasiose – sono mancina, non ci riesco, le prese sono sempre per destrimani, il filo passa sotto al ferro, s’ingarbuglia – poi senza più scuse: non stiro e basta.
Quando ho fatto l’anno di Erasmus è stato semplice: non indossavo camicie ma solo t-shirt, le stendevo bene, belle tese e tanto bastava. Non che poi l’ambiente universitario di Cork fosse molto stirato, per cui il problema non si poneva. Quando sono andata a vivere da sola, stendevo sempre meglio, ero una vera virtuosa delle mollette e portavo qualcosa in lavanderia – quello che potevo permettermi con il primo stipendio. Quindi, solo l’indispensabile. Ero molto felice. Non sono mai morta di maglietta stropicciata.
Adesso che sono una madredifamiglia pago qualcuno che stiri per me e ogni volta aggiungo qualcosa alla già notevole pila e ogni volta  mi chiedo se sia il caso di fare stirare tutta quella roba e ogni volta penso ma sì, fa lo stesso.
Anche su questo riflettevo dopo aver incontrato Francesca qualche settimana fa, di passaggio a Milano. Con Francesca ho avuto la fortuna di lavorare, poi lei se n’è andata e ha continuato altrove una carriera brillante, poi ha detto grazie, basta così, è andata in giro per il mondo  per conoscere, capire e riflettere, poi s’è fermata a Nairobi a studiare, a crescere, a fare cose bellissime; una storia che se volete conoscere nel dettaglio trovate qui, raccontata da lei.
Vi suggerisco di leggerla perché siamo vicini alla fine dell’anno, ed è importante avere, più che buoni propositi da tradire già all’epifania, buoni esempi da imitare, anche da adattare alle nostre vite, ma che siano di ispirazione. L’evoluzione di Francesca per me lo è.
Insomma, l’ho incontrata a Milano ed era bellissima, con gli occhi che ridono, sempre più giovane, tanto da rendermi fastidioso il pensiero che siamo nate lo stesso giorno, mese e anno. Oltre a pensare che gli oroscopi non contino davvero nulla, data la diversità delle nostre vite.
L’ho invidiata, certo: l’invidia buona, ci mancherebbe. Ma quella che ti fa dire si può fare, e allora perché io non faccio?
A un certo punto mentre raccontava la sua vita – la casa condivisa con ragazze più giovani che la chiamano auntie, le feste con cibo fusion per davvero, il mix di lingue e culture, le idee messe in pratica, le esperienze incredibili, una nuova vita davvero, fuori da ogni retorica – mi ha detto:
“Ho pochissimi vestiti. Ormai viaggio sempre più leggera. E non stiro più. Stendo bene, le magliette ben tese, e va bene così.”
E poi mi ha raccontato una storia molto interessante dove la tecnologia non è un gadget ma finalmente uno strumento e la voglia di imparare supera ogni limite. Un progetto che parte da un tablet low cost e sta contribuendo all’istruzione in un villaggio del nord del Kenya, nella contea di Samburu, dove vive una tribù nomade – i samburu, appunto. La storia la trovate qui.
Se volete farvi un regalo di Natale – farvi, sì, perché ci riguarda tutti – potete contribuire qui. Io farò stirare qualcosa in meno, tanto chissenefrega, dopo un giorno è già tutto stropicciato, ma magari contribuisco a comprare qualche tablet.
Auguri a tutti, soprattutto a chi non stira.