Caterina Mengotti è una brillante coach, ideatrice del metodo VisionCoaching. E soprattutto da sempre interessata alla leadership femminile.
La intervisto a proposito del suo ultimo libro, Il femminile al potere: un tentativo di ripensare i modelli organizzativi e l’apporto delle donne nel mondo del lavoro.
Sfogliando il libro, mi hanno colpito le testimonianze delle donne che raccontano i loro aneddoti sul lavoro (è facile riconoscersi in alcune di loro…) ma anche l’analisi delle nostre “qualità ” peculiari che possono trasformarsi in atout da giocarsi in ufficio (o dovunque lavoriamo).
Caterina mi racconta come.
Quali sono le qualità femminili su cui fare leva per migliorare?
Tutte quelle legate all’inconscio, all’immaginazione, alla creatività e alla sensualità , che possono trasformare con uno sguardo diverso la realtà che ci circonda. L’idea è non copiare i modelli maschili ma apportare qualcosa di nuovo, di nostro.
Cioè, le nostre caratteristiche possono trasformarsi in assi nella manica per il nostro lavoro?
Esattamente. Le qualità distintive del nostro sé femminile possono tradursi in competenze professionali, proprio quelle competenze che sono maggiormente necessarie per portare innovazione e benessere nei gruppi di lavoro. Mi sono concentrata proprio sulle organizzazioni, delineando un modello organizzativo al femminile che rivendica la priorità della relazione e dell’interdipendenza, della partecipazione e dell’immaginazione.
Facciamo un esempio di qualità femminili che possono trasformarsi in carte vincenti
La polivanza, tipica delle donne che devono interpretare nella vita molti ruoli, porta al multitasking, ossia la capacità di gestire contemporaneamente più compiti. L’intelligenza intuitiva ci aiuta a prendere decisioni quando i dati a disposizione sono scarsi o incerti. L’intelligenza emotiva crea il gruppo di lavoro e lo mantiene unito mentre l’immaginazione porta alla creatività , alla capacità di uscire dagli schemi e di vedere le cose secondo prospettive diverse.
Perché allora non riusciamo a emergere davvero? E come rapportarsi con gli uomini in maniera più efficace?
La prima azione di leadership che noi donne dobbiamo fare è conoscerci, per poter poi definirci. Ancora oggi vediamo noi stesse attraverso gli occhi degli uomini e non sappiamo chi siamo se non passando attraverso il loro riconoscimento. L’invito è quello di diventare più consapevoli di noi e del nostro valore, per poter creare una nuova alleanza con gli uomini, non un continuo scontro. Affermare la nostra differenza significa andare oltre gli atteggiamenti di opposizione e omologazione con l’universo maschile, per esaltare la nostra unicità .
Hai dei consigli pratici per iniziare questo processo di cambiamento?
Propongo sempre di partire dalla domanda: “Chi sono io come donna, al di là dei ruoli che mi sono stati dati?†Dobbiamo imparare a riconoscere le situazioni in cui ci sentiamo “guidate†dagli altri e quelle in cui ci sentiamo in contatto con nei stesse. Troppo spesso la nostra attenzione è focalizzata sul sistema di aspettative delle persone che ci circondano (al lavoro come in famiglia), al punto che fare delle scelte in accordo con le nostre esigenze sembra un atto sovversivo! Oggi, incomincia con il chiederti, “quale azioni posso fare per dire di “si†a me stessa e affermare il mio valore?â€
E’ tutto vero e giusto. Il problema (che penso lei stessa riconosca) è che nelle grandi aziende e nella società più vasta la modalità dirigenziale è quella maschile: un ruolo per ognuno, separazione dei compiti, competitività prima della fantasia, profitto prima della crescita, necessità dell’individuo subordinate a quelle dell’azienda. Modalità peraltro pienamente assorbita dalla maggior parte delle donne dirigenti.
Come si risolve il problema della matrice pre-esistente? Creare ditte di sole donne è ghettizzante (e comunque, giustamente, contro la legge delle pari opportunità). Come si può far passare il messaggio che il pensiero femminile può essere salutare per un’azienda e per l’economia in generale?
Tutto vero, ma secondo me c’è ancora un’altra cosa. E’ come per le quote rosa: non voterei una donna” in quanto donna”. Sul lavoro ho conosciuto capi e dirigenti donne che brillavano per incapacità, pochezza e isteria. Non solo: paranoica e dietrologa come sono, ho il sospetto che il potere maschile faccia avanzare di proposito un buon numero di donne che non lo meritano cogliendo un doppio obiettivo: A) lavarsi la coscienza e B) non vedere minimamente insidiata la loro leadership. Per cui, come durante le elezioni, anche sul lavoro non scommetterei su una donna in quanto appartenente al sesso femminile, ma in quanto realmente portabandiera di quel “pensiero femminile” di cui parli.
Diciamo che le presunte capacita’ delle donne non sono tipiche del sesso ma semplicemente distribuite tra gli esseri umani..In altre parole, non ho letto da nessuna parte che le donne hanno maggiore intuizione (e bisognerebbe spiegare cosa si intende) semplicemente perche’ sono donne…
Giuseppe, in realtà ci sono basi biologiche e basi culturali del pensiero femminile. Le donne e gli uomini sperimentano la realtà in modo diverso (ed è per questo che a volte faticano a comunicare in modo efficiente). Perfino a livello neurologico i comportamenti sono differenti.
Tuttavia – è questo, forse, il busillis – non sono certa che le donne stesse sappiano identificare i tratti specifici del proprio pensiero che lo rendono diverso da quello maschile. Quando si tratta di lavoro (e quindi di profitto), i parametri sono tutti maschili, come maschili sono le mosse del gioco.
Giuseppe, in effetti ci sono basi fisiologiche riguardo al diverso modo di ragionare delle donne e in particolare del potere dell’intuizione femminile. Cito da un sito di psicologia psicologiadelbenessere.it/ ma basta una semplice ricerca su Google per trovare molte altre testimonianze):
“Innanzitutto, le donne si affidano maggiormente all’intuizione e hanno la capacità di portare avanti più attività in contemporanea. E questo per una ragione fisiologica. Il cervello è diviso in due zone, gli emisferi: quello di sinistra è responsabile dei ragionamenti di tipo logico e lineare, che sono caratteristici dei maschi; mentre nel destro, legato tra l’altro alla creatività, avvengono i ragionamenti paralleli, cioè vengono portate avanti più operazioni contemporaneamente.
Nel cervello è presente una struttura, chiamata corpo calloso, composta da fibre che permettono all’emisfero di destra di comunicare con quello di sinistra. Nelle donne il corpo calloso è più spesso: questo permette ai due emisferi di comunicare tra di loro più facilmente.”
Il problema è, come dice Giulia, il saper riconoscere queste diversità come punti di forza, e soprattutto trovarsi in una situazione lavorativa che permetta di esprimerle.
Il ruolo del corpo calloso nell’intuizione e’ quantomeno controverso.
E poi da un punto di vista evolutivo (e la psicologia evolutiva insegna molto) non avrebbe molto senso visto che gli uomini si sono trovati spesso a dover utilizzare molto queste capacita’ (dalla creazione di artefatti per la caccia ai problemi del cacciare) e per questo non sono per niente inferiori in termini di lateral thinking alle donne.
In piu’, nelle discipline dove tradizionalmente il lateral thinking e’ fondamentale, le scienze naturali e la matematica, le donne tendono ad avere peggiori performance.
Questo per dire che le differenze percepite sono molto maggiori di quelle reali..(vale anche il discorso inverso, sulle capacita’ delle donne in campi considerati dominio degli uomini).
Giuseppe, del tutto empiricamente, ma basandomi su un’osservazione continua e costante (anche per il lavoro che faccio) dei comportamenti uomo/donna, non sono d’accordo sul fatto che le differenze percepite siano molto maggiori di quelle reali. Anzi sono sempre più convinta del fatto che il modo di ragionare, agire, lavorare sia molto diverso in un uomo e una donna. Ma appunto, non ho evidenze scientifiche. Sarà intuizione femminile? :-)
Entra in gioco anche il fattore culturale. Se da piccola ti hanno insegnato che certi giochi sono da bambine (bambole, pentoline, giochi di ruolo) e altri da maschi (macchinine, pistole, giochi d’azione), eccoti predisposta a sviluppare determinate abilità piuttosto che altre.
La questione della performance delle donne in matematica mi pare legata in gran parte ad un certo sessismo formativo. In fondo, se in barba a questa supposta inferiorità e al conclamato sessismo degli ambienti scientifici abbiamo Margherita Hack e Rita Levi Montalcini (e Marie Curie a suo tempo, e altre), significa che la supposta difficoltà delle donne con la matematica è una faccenda legata anche a fattori culturali e formativi.
Piuttosto, siamo sicuri che la comprensione dei processi matematici avvenga nello stesso modo per uomini e donne? Non potrebbe essere che i ragionamenti seguano percorsi diversi per arrivare allo stesso risultato?
E’ questo che varrebbe la pena di esplorare. La diversità nella parità di risultato, non l’inferiorità o superiorità.
Molto corretto. La diversità come valore aggiunto. Ma d’altronde, la nostra società va nella direzione opposta: terrore del diverso, plauso all’omologazione.
Barbara , dici “sono sempre più convinta del fatto che il modo di ragionare, agire, lavorare sia molto diverso in un uomo e una donna. Ma appunto, non ho evidenze scientifiche. Sarà intuizione femminile? :-)”
… ma l’intuito si rivolge a qualcosa di la da venire, non di fronte ad una evidenza, un fatto che sta li di fronte a te :)
Io ad esempio sono l’unico maschio in una ditta di donne (e sto parecchio per conto mio, però ho una buona posizione di osservatore “distaccato”) … e ti assicuro che le differenze tra comportamenti e caratteristiche definite normalment “maschili” e “femminili” si distribuiscono in egual misura in questo gruppo. E sono tutte donne! ciao!
@ Geraldo mi sembrava chiaro che quella dell’intuizione fosse una battuta ;-)
Per quanto riguarda la tua osservazione empirica da osservatore, come dici tu, “distaccato”, quali sono, a tuo giudizio, i comportamenti che definisci “maschili” e “femminili”?