Arriva nel piazzale sterrato della Cascina Biblioteca, il vecchio casale-comunità recuperato nel Parco Lambro, stretta in un impermeabile giallo solare, che illumina il buio dell’aia. E’ così sottile e minuta che fa venire in mente la definizione creata per le donne degli stati americani del Sud: steel magnolia, magnolia d’acciaio.
Lella Costa ha deciso di partecipare al seminario sull’informazione nel sociale “La città crudele”. E’ qui per dire che, alla fine, Milano crudele non lo è. Generosa come sempre, non si sottrae alla mia richiesta di un’intervista al volo. Nella quale parleremo di Milano, di violenze, di uomini e di miti.
Come mai hai deciso di partecipare alla prima edizione di questo incontro fra i giornalisti e gli operatori del sociale?
Perché me lo ha chiesto Don Gino Rigoldi, naturalmente! Di lui mi fido: lo seguo a occhi chiusi. Se decide di appoggiare un’iniziativa, è perché merita. E io faccio altrettanto. Stasera non farò uno spettacolo classico, solo una chiacchierata su questi temi.
A proposito di Milano città crudele e difficile: cosa pensi del piano antistupri pensato dal Comune?
Cosa devo rispondere? Senza voler fare polemica, credo che suonare l’allarme che si vuole mettere alle fermate del tram diventerà il gioco preferito dai ragazzini! Scherzi a parte, credo che quella delle violenze alle donne deve diventare una questione di tutti, anche e soprattutto maschile. Finché è relegato al rango di “problema delle donne” non se ne esce. Ti faccio un esempio: pochi giorni fa mi hanno chiamato per firmare l’ennesimo appello contro gli stupri. Ho risposto che una potenziale vittima non firma gli appelli. Voglio che sia sottoscritto dagli uomini. Solo con il loro coinvolgimento si riusciranno a scardinare certi atteggiamenti sessisti che sono il germe della violenza.
Ad esempio, l’idea che persiste ancora oggi della “provocazione”: non vestitevi sexy, non siate imprudenti…
Una vera follia. Che nel 2006 si colleghi la violenza al modo di vestire mi lascia sconcertata. Anche perché chi lo sostiene e lo dice in pubblico dovrebbe parlare con le dottoresse del Soccorso Violenza Sessuale della Mangiagalli: capirebbe che l’aspetto fisico, il modo di vestire non c’entrano assolutamente nulla con la molla criminale che scatta nella testa dei violentatori.
Cosa suggerisci a chi si occupa di informazione nel sociale per essere più incisivo?
Di raccontare delle storie vere. Comunicare le situazioni di disagio sociale tramite nomi e volti. Altrimenti si rischia di passare un messaggio confuso nel quale “gli altri” sono una massa grigia e indistinta.
Sei da poco tornata in tv con Mitiko, su La7, che porta sul piccolo schermo i miti dell’antica Grecia.
Ma chi sono i tuoi “miti” di oggi?
So che Don Rigoldi non ama essere messo su un piedistallo, però il primo che mi viene in mente è lui. Poi Gino Strada, assolutamente. Ma se devo parlare come donna e come milanese, non ho dubbi: la grandissima Franca Valeri.