E con questa fanno tre.
Tre volte che vedo un oggetto sparato a mille sulle pagine pubblicitarie dei giornali, con un investimento non da poco, foto patinate, brief, debrief, art direction, pay off, set, makeup artist, copy, post produzione e quant’altro, e poi non lo trovo in vendita nei negozi.
Motivo? “Non c’è ancora”.
Non lo so, probabilmente è una strategia: creiamo l’attesa, la suspance, il bisogno ma non diamo a questi poveri shopaholic la possibilità di soddisfarlo.
Ecco, se è una strategia, con me non funziona, anzi, mi fa solo innervosire. Quest’estate, a maggio, vedo un costume intero viola (ovviamente viola, il colore feticcio!) nelle ultime pagine di tutti i giornali, firmato Calzedonia. Bello, dico, appena ho tempo me lo compro. Vado e la risposta è stata: “Non è ancora arrivato nei negozi”. Ma come? E’ su tutti i giornali. E quando arriva? Non si sa. Morale sicocme non ho molto tempo da perdere, mi sono dimenticata e non l’ho più cercato. Idem con una polo Fred Perry: giornali, cartelloni 6×3, e poi non c’era in nessun negozio (era quella viola con il bordino di finto denim, btw). La terza volta è stata ancora più drammatica: vedo un gioiello Morellato Gold nuovo in un magazine, sospiro, strappo la pagina, la lascio casualmente in giro per casa, viene ignorata dal mio compagno, la ripropongo più e più volte, niente, perdo ogni residua dignità e la appiccico allo specchio del bagno, ancora niente, alla fine esausta glielo dico: “Hai visto che bello questo cuore di Morellato?”
Incredibile ma vero: in vista di un anniversario egli esce dall’ufficio, va dal negozio in oggetto (il flagship store, eh, mica quello sotto casa), cerca il gioiello e, ovviamente: “Ah, è del nuovo catalogo. Arriverà , ma non sappiamo quando”.
Disastro. Tutto quel lavoro per niente. A proposito, metterei almeno una foto ma non c’è ancora nemmeno sul sito.
Allora, produttori, ideatori, pubblicitari, comunicatori, strateghi eccetera, lasciata che io vi spieghi una cosa: la shopaholic è pecora. La shopaholic ama guardare le pubblicità sui giornali. La shopaholic ha poco tempo. La shopaholic si innervosisce se, dopo aver sbavato giorni su una pubblicità strappata da una rivista, finalmente si decide a fare il grande passo, trova a fatica un’ora libera, cerca il negozio, e poi si sente dire che “non è ancora arrivato”.
La shopaholic, soprattutto, diventa una belva quando capisce di aver perso un regalo già virtualmente in tasca, un regalo perdipiù azzeccato perché platealmente suggerito. Perché signor Morellato e signor Carraro, che va in giro a parlare della nuova collezione senza premurarsi di metterla in vendita, sappiatelo: il mio compagno ha ancora meno tempo di me di andare per negozi e sicuramente si sarà già dimenticato di quell’incidente di percorso: l’ho perso per sempre. Non potevate sincronizzare meglio i tempi di pubblicità e distribuzione?
Maledizione.
Lo chiamano “marketing”, fanno la pubblicità mesi prima, ma poi l’oggetto non c’è. Non risparmierebbero se facessero a meno di questo tipo di pubblicità?
idem per me con gli stivali scamosciati dell’ultimo catalogo Benetton…
Post che parrebbe faceto, ma in realtà non lo è mica tanto.
Sono dei folli. Secondo me deriva dal fatto che la gente che lavora nelle stesse aziende non si parla.
A me succede sempre con le borse o con gli accessori quali orecchini, guanti, sciarpe..tutto preso da Cosmopolitan (non me ne voglia)
Prendo la paginetta, guardo alla fine del giornale il rivenditore UFFICIALE AUTORIZZATO e corro al primo stipendio. Risultato? “Ah, è della nuova collezione, non è ancora arrivato” “non so di cosa parla, è sicura che sia della nostra marca? (Accessorize)” ..
uff… poi queste maledette aziende si chiedono qual è il segreto per fidelizzare il cliente…pensarci un pò su no eh?!
Http500: ma guarda, fossero solo i normali marketing o pubblicità, ormai li respiriamo quotidianamente, purtroppo. Secondo me invece questa è una strategia, fallimentare, per creare attesa e che invece infastidisce e allontana dal marchio.
Andrea: no, infatti, tutt’altro che faceto. Però non penso che sia un caso, pur molto frequente in azienda, di compartimenti stagni che non si parlano ma, appunto, una strategia mirata. E stupida.
spery e lotho: vedo che non sono casi isolati, ma una piaga sociale…
se dopo questo appello (okok, non è un appello, sto giocando) dovessero farti recapitare a casa qualche pezzo di troppo, ricordi che qui qualcuno raccoglierebbe gli avanzi!!!!!
mah, secondo me deriva dal fatto che il lavoro in pubblicità è diventato qualcosa di platealmente scorrelato dal senso comune: oramai parlano una lingua che capiscono solo loro, sono convinti che la gente compri le cose con la stessa filosofia con cui vota e va allo stadio (qualcosa tipo “compro da te per non comprare da quell’altro”). Voglio dire: se funziona perchè passando alla stazione Termini qui a Roma sento lo stesso slogan contro la mia volontà dieci volte in un minuto non credo che sia per l’efficacia dello slogan :-)
idem per la pianificazione etc (è significativo poi che se lo si prova a far notare a chi lavora in questo ambito subito diventano tutti l’incredibile Hulk :-D …)
A parziale discolpa della categoria degli ideatori/pubblicitari di cui, nel mio molto piccolo, faccio parte, tengo a dire che la distribuzione ai negozi/strategia di vendita/pianificazione è tutta ad opera dei reparti marketing aziendali,
spessissimo alla mercé di capi o ‘padroni’ con la sindrome “sono il capo/padrone, decido io”, fosse anche irrazionale, sconsigliato dagli addetti ai lavori (che pure pagano e consultano), immotivato, idiota.
Inoltre, più le ditte sono grosse e “multinazionali”, più sono composte da gente che, come scrive Andrea, non si parla o viene messa in condizione di non poterlo fare (non sia mai che un reparto sappia quello che sta facendo l’altro!).
Gli uffici stampa passano alle riviste (che vengono preparate con settimane di anticipo) anticipi su capi/collezioni che poi effettivamente non escono in coincidenza con l’uscita della rivista (mi è capitato anche di cercare, in libreria, volumi che sarebbero usciti settimane dopo); le multinazionali pianificano pubblicità con capi che poi i franchising non comprano.
In generale c’è una schizofrenia della gestione che produce i risultati di cui sopra, a mio parere (altro che strategie pubblicitarie pianificate).
ps= Piccola perla “io sono il capo”: per un anno ho lavorato alla rubrica ‘scienze’ di un notissimo settimanale per bambini, che proponeva esperimenti vari da fare a casa. Cambiato il direttore del giornalino, è stato arbitrariamente cambiato l’ordine delle uscite, così ci siamo trovati in pieno novembre con note del tipo “Ti serve: una bella giornata di sole”, o esperimenti con secchi e acqua da fare sotto l’albero di Natale…
Tranqui, glielo ricordo io. ;-*
si come la lacoste 75° anniversario nera qui è arrivata solo bianca ma sulle pubblicità era nera…..l’ho trovata a las vegas nel negozio lacoste del Caesar palace…. ma sinceramente non capisco e sono d’accordo con te creare suspance va bene ma poi la vogliamo mettere in commercio?
sai come sono capitato qui? digitando “perdipiù”. Ho scoperto invece il concetto di shopaholic,consumista sfrenato e depresso,bulimico della novità commerciale e compulsivo della carta di credito.Posso solo provare compassione per chi soffre di questa sindrome,non è altro che un principio di dipendenza,se non è già radicata, equivalente a quella dei disperati che vedo davanti alle slot-machines installate nei bar,occhi persi davanti alle rotelle colorate.Provo compassione per chi tenta di colmare vuoti interiori e affettivi e mancanza di senso della propria esistenza acquistando oggetti costosi sostanzialmente utili a chi li commercia,ma provo anche fastidio per chi si compiace di vivere in questa miserevole situazione,per chi lo assume come condizione normale,naturale, per chi ha il culto di un oggetto legato al suo marchio,sensazione accentuata dalla valanga di termini in inglese e da questa vana,infantile polemica verso chi non gli ha fatto trovare nel negozio il costume o il gioiello pubblicizzato.Io mi preoccuperei delle volte che una donna e il suo compagno si girano nel letto per cercare la reciproca presenza,ma non di quante volte scendono a sperperare,a consumare. Vorrei infine ricordare che suspense è parola francese e non si scrive “suspance”.
un_uomo, ma un po’ di senso dell’umorismo no, eh? Quanto ti prendi sul serio. Mi spiace solo per “suspense”, anche io non amo le parole straniere scritte (e usate) male, mi è sfuggita per cui grazie per la segnalazione.