Io non dico che non si possa sbagliare, per carità .
Chissà quante volte volte ho sbagliato io, nel riportare una notizie, nello scriverla, nel gestire una fonte; chissà quante altre volte sbaglierò.
Dico solo che, quando capita di prendere una bufala così gigantesca come quella del Sole 24 Ore nel caso della presunta morte di Owen Wilson (alla fine, bastava dare un’occhiata agli altri siti di news statunitensi, se non proprio arrivare a essere così sgamati da sostituire il nome dell’attore con qualunque altro e verificare che, sul presunto sito-fonte, poteva morire chiunque nello stesso incidente, da Berlusconi ad Andreotti, pur definiti entrambi “Actor”), basta essere così onesti da ammetterlo. Meno male che il Sole oggi l’ha fatto, con una nota di scuse ai suoi lettori.
Perché spesso succede il contrario. Siccome sul web tutto si trasforma, si butta la polvere sotto il tappeto e si fa finta che niente sia accaduto. Però, se con il vecchio quotidiano (o magazine, per quel che importa) dopo uno o pochi giorni ci si incartavano le uova e tutto era dimenticato, Google non dimentica.
La cache non dimentica, chi ha letto il pezzo (e magari ha fatto uno screenshot, forwardabile all’infinito o pubblicabile ovunque, come ha fatto lei), non dimentica.
E allora cancellare le tracce non fa che aumentare la dimensione dell’errore. Correggere o eliminare un pezzo senza avvertire il lettore mina il rapporto di fiducia con lo stesso.
Non prendetelo per scemo. Lui, quella notizia, l’ha letta. Magari girata a un amico, magari commentata su un social media.
Il New York Times ha una pagina apposta per le correzioni e così un po’ tutti gli organi di informazione che vengono definiti come autorevoli.
Inutile vergognarsi di ammettere che è stato commesso un errore. Succede. Non dovrebbe, ma succede.
Durante l’anno che sta finendo ho avuto l’onore (perché ho imparato molto più di quanto non abbia insegnato) di gestire alcuni seminari di web writing per giornalisti che hanno lavorato solo sulla carta. Svariate slide erano proprio dedicate a questo: come correggere un errore in un mondo in cui, apparentemente, tutto è modificabile, tutto è trasformabile, tutto è un work in progress.
E citavo tre fonti, anche queste, autorevoli: eccole.
We don’t want to distract readers every time we fix a comma. On the other hand, we don’t want the fact that it’s easy to fix a Web page to give us an overly convenient cover on those occasions when we do screw up. (Scott Rosenberg, cofondatore di Salon.com).
Journalists should (…) admit mistakes and correct them promptly. (The Society of Professional Journalists).
Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori. (Legge 69 del 1963, ordinamento della professione di giornalista).
As simple as that.
Owen Wilson, le bufale, la polvere sotto il tappeto: http://bit.ly/hedeDG da Blogger Italiani
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Owen Wilson, le bufale, la polvere sotto il tappeto at Blimunda http://bit.ly/euXxTr #socialmedia
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Owen Wilson, le bufale, la polvere sotto il tappeto at Blimunda http://bit.ly/euXxTr #socialmedia #fb
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tutto questo ricorda l’amabile sito porno .tart che trasformava nomi e cognomi nella home page del sito :)