C’è una ricerca dell’University of Pennsylvania Social Transmission, Emotion, and the Virality of Online Content, non recentissima (2009) ma molto interessante, che dimostra come un articolo venga condiviso online molto più facilmente se ha un contenuto emozionale. E lo fa analizzando circa 7.500 articoli del New York Times. Ora, se giocarsi la carta della “pancia” funziona per il New York Times, potete immaginarvi cosa possa succedere su un social network, dove gli umori ribollono e la gente c’è solitamente per un solo obbiettivo: to voice their opinion.
E’ l’unica spiegazione che riesco a darmi per l’incredibile polverone suscitato dalla vicenda di Paola Caruso, tra ieri e oggi. Perché, fuori da ogni giudizio e con tutta l’umana comprensione per una persona che non conosco ma che sta lottando per il lavoro, altrimenti non me lo spiego.
Non mi spiego come  centinaia di persone abbiano istantaneamente, furiosamente, all’unisono, sposato una causa senza avere dettagli in merito e accettando poche righe di spiegazione che arrivano da una sola parte.
Si parla di “assunzione” di un’altra persona al posto di Paola Caruso, quando il Corriere è in stato di crisi e non può assumere nessuno. La persona viene definita dalla stessa Caruso “un pivello proveniente dalle scuole di giornalismo” e “un raccomandato” (EDIT: Paola dice di non aver mai scritto raccomandato, io ero certa di averlo letto ma evidentemente era in qualche commento, non nei suoi post, per cui diciamo: “che molti dei suoi sostenitori sostengono essere un raccomandato”). Sempre per completezza dell’informazione, sarebbe interessante ascoltare anche la sua, di opinione, visto il casino in cui è stato tirato dentro.
Poi. Non si capisce come a Paola Caruso sia stato rinnovato un  co.co.co. per 7 anni quando, lo ricordo dai miei anni in Mondadori, dopo il secondo rinnovo già c’erano i presupposti per una causa di lavoro. Sempre per citare Mondadori (e parlare, quindi, di cose che conosco), ci sono persone assunte grazie all’intervento del giudice del lavoro per molto meno. E dov’era il Cdr? Cos’è accaduto in questo caso? Davvero lo sciopero della sete (poi rientrato) e della fame era l’unica chance per ottenere una risposta? Io vorrei davvero capire, ma non ho gli elementi per farlo. Chi ha assicurato l’endorsement a Paola come un sol uomo, invece, pare avere capito tutto, sapere tutto, non è sfiorato dal minimo dubbio. A me questo fa paura. Fa paura questa certezza granitica che anima i social network di avere sempre e comunque la risposta giusta. Perché me l’ha detto lei. Perché è una mia amica. Perché le aziende sono tutte bastarde. Perché se non sei raccomandato non vai da nessuna parte. Perché le conventicole.
Nella situazione italiana e nella fattispecie in quella del giornalismo della carta stampata, che vive una crisi nella crisi, un caso di questo genere, seppur doloroso umanamente e professionalmente non dovrebbe suonare strano o imprevisto. Chiunque lavori nel giornalismo, soprattutto su carta, sa bene, da anni, di essere a rischio; dov’è la novità ? E’ sbagliato? Sbagliatissimo, certo. Ma non mi venite a fare le Biancaneve che non sanno; le redazioni, tutte, hanno un certo numero di collaboratori esterni, spesso sottopagati, a volte ai limiti della legalità . Però, i postulanti che restano fuori anche da questi sottocontratti o non contratti sono comunque molti di più di quelli che riescono a mettere un piedino in redazione. Evidentemente questa professione esercita ancora un fascino perverso per cui molti sono disposti ad accettare condizioni al ribasso. Sbagliato, ingiusto, scorretto, d’accordo: ma è la legge del mercato.
Credo quindi che questa protesta abbia travalicato il caso specifico per intercettare un maldipancismo generale. E creare una sollevazione popolare (anche con accenti lirici notevoli) contro il “precariato”, che va ben oltre Paola Caruso, il Corriere iniquo, la professione giornalistica.
E alla fine è questo che mi spiace di più, perché credo fermamente nel potere comunicativo di internet e odio vederlo usare in maniera così acritica e massificata.
Per chi vuole provare a capirci di più: qui c’è il tumblr di Paola Caruso e qui alcuni dei suoi sostenitori. De Bortoli nel frattempo ha risposto sulla pagina Facebook del Corriere chiarendo: “Non c’è stata alcuna assunzione, la protesta è infondata” e dice che non ha mai ricevuto richieste di colloquio da Paola Caruso ma è disponibile a incontrarla (il resto qui). Infine, due tra le poche voci fuori dal coro, Matteo Bordone e Guia Soncini. Leggete tutto. E provate, almeno, a farvi un’idea che sia solo vostra.
EDIT Aggiungo il commento di Massimo Mantellini che mi piace soprattutto perché s’interroga sulle reazioni della rete, che era il vero obbiettivo di questo mio post: “E’ il racconto commovente della solidarietà in rete e del talento di chi immagina – ognuno per sé – modi e maniere per poter rendersi utile alla causa. E’ contemporaneamente anche lo specchio di dinamiche meno piacevoli come quelle legate alla scarsa chiarezza del contesto: un amplissimo movimento di convinta solidarietà è nato e cresciuto in poche ore basandosi su pochissime incerte informazioni.” Il resto qui.
Ah, e qui ci sono i commenti a questo post su Friendfeed
I have a huge respect for Paola and her job, but I don’t think that hunger and thirst strike is the right way to protest.
In this way she harms herself and I don’t know if this is helpful.
How many people in Italy are hurt about the same problem? Why she is so alone? I understand the blogs support, I understand the sharing through the web….but we can change this situation if we want!
Italy is going to be a terryfing example about culture in the world, particularly as for the respect of human resources. I want to be optimist and to think that young and intelligent people CAN REVOLUTIONIZE THE OLD SOCIAL SYSTEM!
Questo commento è stato originariamente inviato suInternet PR – Il dialogo in rete tra aziende e consumatori
Hunger Strike hits Social Media « Internet P.R….
Here at World Spinner we are debating the same thing……
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Paola Caruso, il precariato, le reazioni di pancia: http://bit.ly/bPaF6y da Blogger Italiani
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Quindi, ad esempio, è falso che RCS abbia assunto una persona in stage (raccomandata, dicono le voci di corridoio) al mensile “Amica”, malgrado lo stato di crisi? giusto per capire eh…
solo per amor di precisione. Lei parla di cococo e non cocopro. E son diversi (per via dei rinnovi). Poi c’è un’altra cosetta, ma prima la verifico (adoro verificare)
Massimo Cavazzini: non ne ho idea, lo leggo adesso da te; ma è materia per il Cdr, o sbaglio? Non dovrebbe essere il Cdr a verificare questi casi?
Blimunda non saprei nemmeno io :) tu hai scritto “Si parla di “assunzione” di un’altra persona al posto di Paola Caruso, quando il Corriere è in stato di crisi e non può assumere nessuno.”: ecco, così come non ci sono dettagli chiari da una parte, non ci sono nemmeno dall’altra. Anche i giornali in crisi, quando arriva il raccomandato di turno, trovano il modo di assumerlo. Non conosco i dettagli della vicenda e infatti mi sono limitato a darne notizia… ma nelle ‘pieghe’ si nascondo sempre molte più verità di quante non si possano scovare a prima vista.
verifico: hai ragione, un co.co.co: correggo. Still, 7 anni di rinnovo di un contratto a termine mi sembrano, da mie esperienze passate, ben oltre il livello di guardia. Io ho avuto anni fa due rinnovi consecutivi di co.co.co e mi hanno chiarito che il terzo non avrebbero potuto più farmelo.
Massimo, da quando Amica è il Corriere? Amica è Rcs Periodici, Il Corriere Rcs quotidiani sono due testate diverse, facenti capo a due società diverse.
Io ci credo perché sono dieci anni che il mio giornale mi rinnova un co.co.co, con busta paga e Cud e con un compenso che ondeggia sempre più pericolosamente verso il basso. E se chiedo un articolo 2 mi scuotono davanti una treccia d’aglio scaccia vampiri ed importuni.
Io ci credo perché è in corso una ispezione dell’Inpgi e i redattori assunti a domande precise hanno risposto fischiettando e menando il can per l’aia (eccerto che voi rischia un signor stipendio per quattro sfigati) e gli stessi ispettori si sono assai meravigliati per questa poca solidarietà.
Io ci credo perché posso citare nomi e cognomi di persone che sono state ingaggiate (nonostante la crisi) per scrivere rubriche risibli con compensi fantastici.
Io ci credo e mi dispiace ma non vale più la storia che la professione attira, adesso basta noi dei quotidiani ci facciamo un culo che neanche ve lo immaginate e non certo per le conferenze stampa, ma per i morti in strada e via discorrendo.
Ah dimenticavo, la settimana scorsa il mio capo servizio dopo l’ennesima richiesta di “qualche soldo in più” mi ha consigliato di cambiare lavoro. E sai perché, perché adesso i giornali li fanno con i ragazzini alle prime armi pagati pochi euro al pezzo. E poi come viene viene.
Io credo che alla base di tutto questo accorato endorsement della storia di Paola ci sia l’empatia per una storia che è comune quasi a tutti, di gente che si barcamena nella precarietà – che non è solo il “vengo pagato poco”, ma semmai il “non so cosa sarà di me l’anno prossimo”.
Comune quasi a tutti, appunto (Bordone e Soncini sono un ottimo esempio di persone che sanno parlare e hanno un’ottima retorica, ma dicono – comunque – anche parecchie vaccate; e non credo che nessuno dei due versi in cattive condizioni economiche).
E io credo ci si debba basare più su questo. O almeno, credo si debba comprendere qual è il sentimento alla base della protesta, più che il contenuto della protesta in sé.
I dettagli non sono per nulla chiari, è vero. E Paola Caruso sbaglia quando se la prende con lo “studentello uscito fuori dalla scuola di giornalismo”, perché passa dalla parte del torto.
Ma anche qui, bisogna interpretare l’uscita con il “sentimento” di cui sopra: la frustrazione e la sottovalutazione (o meglio, “non valutazione”) di sette anni di collaborazione coordinata e continuativa.
Perché nella protesta di Paola ci sono molte cose che non vanno e che avrebbero potuto esser fatte meglio, ma si tratta di errori umani. Dovuti alla consapevolezza che “non sarai mai assunta”, che hai buttato via sette anni della tua vita, che nessuna promessa sarà mantenuta, che ti senti stupida per esserti fatta prendere in giro, e così via.
Ma, onestamente, al di là dei dettagli: possiamo considerare anormale una collaborazione di sette anni – SETTE ANNI – che non ha portato a nessuna evoluzione contrattuale?
Forse non c’è molto di cui stupirsi: l’adesione di massa deriva dal fatto che gli sfruttati in Italia sono tantissimi, in tutti i settori, e per una volta è stato loro possibile riconoscersi in una battaglia.
Attirare l’attenzione e fare della battaglia di un singolo un movimento di massa non era forse nei sogni di Paola? Io credo invece che tutti questi distinguo siano il vero problema, e siano spesso la voce del padrone che ci è stata impiantata “tra l’aorta e l’intenzione”.
Gli sfruttati non hanno possibilità di uscire dallo sfruttamento se non unendosi nella lotta.
…vorrei restituire al mittente questa analisi pseudosociologica della “viralità emozionale” della rete in tema di precarietà. Piuttosto che discettare su motivazioni recondite dell’inconscio collettivo della rete occorrerebbe guardare negli occhi la realtà del precariato. Forse si perderebbe meno il contatto con la realtà.
vi dispiace se dico la mia?
primo: lavoro per il corriere da 7 anni. a contratto co.co.co. dal 2007. sul mio blog è chiaro.
secondo: ho chiamato il ragazzo pivello, non raccomandato. ho detto che mi ha scavalcato.
terzo: prima di arrivare a questo gesto ho avvisato tutti: direttore, vicedirettore, capi desk e colleghi. solo qualcuno mi ha chiamato o scritto mail. E tutti leggono la mail sul telefono
quarto: quando ho iniziato lo sciopero ero consapevole che non avrei più lavorato al corriere e in nessun altro giornale. chi si prende una piantagrane? lo sapevo dall’inizio e questo il motivo per cui nessuno fino a oggi ha osato tanto. Non ho retto. Mi si prospettava un futuro di precaria a vita e non l’ho voluto accettare.
quinto: il giornalismo è tutta la mia vita. lo lascio a malincuore, ma spero che qualcuno porti avanti la battaglia da dove lascio per cambiare il sistema.
sesto: mi dispiace di essere stata poco chiara. purtroppo quando non si mangia il cervello non funziona molto bene
ho finito, grazie dell’attenzione
Ciao Paola, figurati se mi dispiace, questa è la tua storia e solo tu puoi raccontarla. Io ero certa di avere letto la parola “raccomandato” o nel tumblr o nel tuo twitter o ff, ma se così non è, con ogni probabilità l’ho letta in uno dei migliaia di commenti dei tuoi sostenitori e quindi non sono parole tue; me ne scuso e, com’è giusto fare per chi fa il nostro mestiere, rettifico.
Per quanto riguarda la chiarezza, io contestavo solo l’uso della parola “assunto” che, ovviamente, in una redazione e di questi tempi, ha ben altro impatto che un contratto co.co.co. Quindi, invece, se ho capito bene, il pivello avrebbe a sua volta un co.co.co. ma con un trattamento migliore del tuo, è corretto così?
Per il resto, anche se molte informazioni mancavano, come hai visto la tua protesta ha avuto un seguito amplissimo, per cui la scarsa chiarezza non ha inficiato la comprensione, evidentemente. Ed è proprio quello che mi ha colpito di più.
Grazie a te dell’intervento, ora però direi che sarebbe meglio seguire le vie più normali, visto che il Cdr pare essere sulle tue tracce. Che ne dici?
Ila scrive::Io ancora non so che cosa tu abbia fatto finora per la causa, ma tant’è. Magari un giorno ce lo dirai.Ilaria: questo è davvero un argomento sciocco, non è sulla coerenza di Gatto Nero che si misura la bontà dei suoi argomenti.Rispondi | Cita
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@ Giovanni Fontana:
È vero. Ma io non ne facevo una questione di coerenza.
Gatto Nero ha scritto:Né io né te con il tuo volantinaggio possiamo dire di aver fatto altrettanto.però Gatto Nero mica ha detto che cosa ha fatto. Contestavo questo, non la sua eventuale incoerenza, figuriamoci.Rispondi | Cita
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Non capisco quelli che scendono in piazza per protestare contro i datori di lavoro colpevoli di averli penalizzati, sebbene straordinariamente bravi, per premiare un raccomandato.
Se sono bravi non dovrebbero avere problemi a trovare un altro lavoro, magari per un azienda che promuove quelli bravi, invece che quelli raccomandati.
La promozione per diritti di anzianità, soprattutto nelle professioni intellettuali, NON È un diritto.Rispondi | Cita
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@ Gatto Nero:
Quello che ha già spiegato in modo esaustivo Giovanni e che a questo punto io ribadisco:
perché mamma Corriere avrebbe dovuto necessariamente (a questo punto è così, mannaggia!) assumere Paola?
Per farla sentire “parte dell’azienda”? Per non farle sentire lo stato di precarietà percepita? Perché sono 7 anni che collabora col Corriere, e quindi per anzianità?
E visto che difendere concretamente altri precari «Eh, no, non vale. Mica stiamo a fare la lotta tra poveri» (anche se io stavo rispondendo al tuo: «Se me lo chiedi, non hai compreso bene il concetto di “precarietà”». E invece lo so eccome, credimi. E non solo perché lo ‘comprendo’), allora dimmi:
tu che cosa fai effettivamente per combattere questo sistema cattivo, oltre ad appoggiare Paola in tutto e per tutto?
Che soluzione proponi tu?
Lo sta chiedendo Giovanni da stamani e ancora nessuno ha risposto. E infatti il suo post è ancora online proprio perché tuttora validissimo.Rispondi | Cita
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Se pensavi di parlare con uno del fan club “Pasionari di Paola Caruso”, hai sbagliato soggetto.
Io non appoggio Paola “in tutto e per tutto”. Io trovo che abbia commesso alcuni – molti? – errori nella sua battaglia, che avrebbe potuto farlo meglio, certo, ma che comunque ha fatto qualcosa.
Mettendoci la faccia in prima persona, e pagandone anche le conseguenze (come quelle che vediamo qui).
Né io né te con il tuo volantinaggio possiamo dire di aver fatto altrettanto.
Che soluzione propongo io, mi chiedi.
Sono un legislatore? Non mi pare. Sono un precario, come tanti altri precari. Anche fra i più fortunati, per altro, perché lavoro per una azienda che i precari li tratta relativamente bene.
Detto questo, è chiaro che a livello generale è la regolamentazione legislativa del lavoro a dover essere pesantemente riformata, eliminando tutte queste forme di contratto precario (cococo, cocopro, cocodè: cambiano i nomi, restano i fatti).
Ma è anche una questione di mentalità aziendale, e quella sì che andrebbe riformata (ma non chiedetemi come): smettendo di considerare come “serie B” il lavoratore occasionale, quello non assunto.
E in tutto questo, continuo a chiedermi: questo criticare Paola Caruso – e non il bailamme attorno a lei: proprio la persona – che senso ha? Che risultato porta? Che migliorie offre a una situazione drammatica per quasi tutti i giovani – e non solo – italiani?Rispondi | Cita
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Gatto Nero scrive::E in tutto questo, continuo a chiedermi: questo criticare Paola Caruso – e non il bailamme attorno a lei: proprio la persona – che senso ha? Che risultato porta?Dopo ti rispondo meglio, ma prima voglio precisare una cosa, a cui tengo moltissimo: qui nessuno ha mai criticato Paola come persona!
O dove hai letto un attacco «proprio alla persona»?
Eh?Rispondi | Cita
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ma se fai uno sciopero della fame cosa vuoi ottenere, il lavoro? Il posto indietro? Per aver fatto uno sciopero della fame contro un meccanismo che non premia chi scrive bene? E il colmo è che, se così fosse, qualcun altro potrebbe fare lo stesso sciopero contro la tua assunzione: e sai che mica avrebbe tutti i torti?E ancora:Sì: per quanto Paola C neghi – e questo invece, devo dire, me la rende un po’ antipatica – di aver espresso quel concetto, è naturale che l’accusa mossa al pivello sia quella di essere raccomandato: dici, io lavoro qui da sette anni e quello mi ha scavalcato senza averne i meriti.E ancora:perché mamma Corriere avrebbe dovuto necessariamente (a questo punto è così, mannaggia!) assumere Paola?(che è un po’ come dire che Paola è una bambina, dai, diciamocelo)
Ma se cerchi citazioni puntuali, forse non te le posso dare: è più il tono del “partito contro” che è tutto un po’ sbagliato, come lo è stato quello del “partito a favore”, in molti casi.
Il punto è: quella che Paola Caruso ha subito, dopo sette anni, è una ingiustizia? No? Allora il precariato diventa una cosa “normale”, lavorare per sette anni senza sapere cosa succederà domani pure. E se ha subito questa ingiustizia (o che lei ha percepito come tale), ha ragione ad incazzarsi?
Possiamo sindacare su ogni punto della questione, ma a me interessa il nucleo, la base: è possibile che una persona lavori per SETTE anni per un’azienda, senza che questa la consideri parte dell’azienda stessa?Rispondi | Cita
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Gatto Nero scrive::perché mamma Corriere avrebbe dovuto necessariamente (a questo punto è così, mannaggia!) assumere Paola?
(che è un po’ come dire che Paola è una bambina, dai, diciamocelo)Eh no, se non si potevano “mettere in bocca le parole” prima, quando si parlava di raccomandati, allora non lo si può fare nemmeno in questo caso.Rispondi | Cita
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Intanto vi segnalo questo intervento, che spiega parecchie cose:
http://www.freddynietzsche.com/2010/11/14/nomen-omen-detto-da-un-basso-continuo-a-un-tenore-napoletano-del-secolo-scorso/comment-page-3/#comment-28994Rispondi | Cita
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@ mattiaq:
Mattia, io difendo tutti, ci mancherebbe. E in particolare proprio i più deboli, che ne hanno sicuramente più bisogno. Ma non vorrei mai che proprio i più deboli fossero i miei paladini: sarebbe pericolosissimo, per la nostra lotta e anche per loro.Rispondi | Cita
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Gatto Nero scrive::Se pensavi di parlare con uno del fan club “Pasionari di Paola Caruso”, hai sbagliato soggetto.
Io non appoggio Paola “in tutto e per tutto”. Io trovo che abbia commesso alcuni – molti? – errori nella sua battaglia, che avrebbe potuto farlo meglio, certo, ma che comunque ha fatto qualcosa.
Mettendoci la faccia in prima persona, e pagandone anche le conseguenze (come quelle che vediamo qui).
Né io né te con il tuo volantinaggio possiamo dire di aver fatto altrettanto.Io ancora non so che cosa tu abbia fatto finora per la causa, ma tant’è. Magari un giorno ce lo dirai.Che soluzione propongo io, mi chiedi.
Sono un legislatore? Non mi pare. Sono un precario, come tanti altri precari. Anche fra i più fortunati, per altro, perché lavoro per una azienda che i precari li tratta relativamente bene.
Detto questo, è chiaro che a livello generale è la regolamentazione legislativa del lavoro a dover essere pesantemente riformata, eliminando tutte queste forme di contratto precario (cococo, cocopro, cocodè: cambiano i nomi, restano i fatti).
Ma è anche una questione di mentalità aziendale, e quella sì che andrebbe riformata (ma non chiedetemi come): smettendo di considerare come “serie B” il lavoratore occasionale, quello non assunto.Ok, a livello generale; ma tu, in particolare, che cosa fai? Che cosa potresti/vorresti fare?
Perché sennò qua arriva uno qualsiasi, fa una cavolata qualunque ed è uno ganzissimo perché ci ha messo la faccia. È questo che dà valore al gesto? Metterci la faccia?
Eh, no, mi spiace. Qua ci sono tantissime persone che s’impegnano da anni, anche solo scendendo in piazza. E mettendoci la faccia, mica col passamontagna.
Quindi, ribadisco per l’ennesima volta (magari prima né io, né Giovanni, né gli altri siamo riusciti a farci intendere): che cosa facciamo?
E non parlo a Gatto Nero Legislatore, parlo a Gatto Nero.
Che, spero, sia molto più bravo del nostro legislatore. Perché se aspettiamo quello…
E se Paola fosse stata assunta lunedì scorso, che ne sarebbe stato della sua lotta per tutti i precari del mondo? Si sarebbe ricordata dei suoi sette anni di precariato?
Pensa che io non sono manco precaria, ma ho un contratto a tempo indeterminato. Eppure, vedi, alle volte.
Ah, et merci beaucoup à Jules!Rispondi | Cita
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Se avesse pensato “lo hanno assunto perché è più bravo di me” non avrebbe fatto una protesta di questo genere, è ovvio. Perché dobbiamo dire delle cose scontate?
E voi, soprattutto, non avreste pensato le stesse cose? Queste sono tutte reazioni naturali, ma sono davvero questioni di lana caprina: il discorso, in nuce, è che di riffa o di raffa Paola Caruso collaborava in maniera continuativa con il Corriere della Sera.
E non era regolarizzata.
Ma se volete concentrarvi su altro, fate pure. Possiamo parlare anche del suo taglio di capelli sconveniente.
Detto questo, però, mi preoccupa che le si voglia mettere in bocca a tutti i costi qualcosa che lei NON ha detto. Ma che si pretende lei abbia detto. WTF?Rispondi | Cita
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Gatto Nero scrive::ma sono davvero questioni di lana caprina: il discorso, in nuce, è che di riffa o di raffa Paola Caruso collaborava in maniera continuativa con il Corriere della Sera.
E non era regolarizzata.
Ma se volete concentrarvi su altro, fate pure.Non sono questioni di lana caprina e non sono altro: sono una parte molto importante della questione, perché in merito a queste ne va della credibilità della sua protesta, e quindi del sostegno da parte degli altri, il quale sostegno non può essere incondizionato solo perché lavorava da sette anni per il Corriere e poi non è stata assunta ma le hanno preferito un altro, no?
Altra cosa: che cosa intendi per regolarizzata? Assunta?Rispondi | Cita
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Altra cosa: che cosa intendi per regolarizzata? Assunta?Se me lo chiedi, non hai compreso bene il concetto di “precarietà”, che non è dovuto tanto alla forma contrattuale quanto allo “stato di precarietà percepita”.
E cioè: collaboro con voi da sette anni, di qui 3 di co.co.co.? Dimostratemi che sono parte dell’azienda. Allo stato attuale delle cose, purtroppo, l’unica dimostrazione è l’assunzione (ma anche a tempo determinato, per carità, che ce frega).
Ma non è il *contratto* che importa ai precari. Ai precari importa non essere più considerati un soprammobile, che oggi c’è e domani – potenzialmente – può benissimo non esserci.Rispondi | Cita
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@ Gatto Nero:
Oh, beh, sai ho passato tutto il mio sabato pomeriggio per strada a fare volantinaggio per chiedere di regolarizzare i lavoratori clandestini durante una manifestazione antirazzista, quindi mi era un attimo sfuggito il concetto di regolarizzare per non essere considerati un soprammobile.Rispondi | Cita
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Siamo arrivati alla lotta fra poveri e fra sostenitori di più poveri?
“Io ieri ho marciato per i poveri bimbi del Biafra”?Rispondi | Cita
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@ Gatto Nero:
No, dài, allora parliamo di precarietà percepita.Rispondi | Cita
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Cosa c’è da spiegare?Rispondi | Cita
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Mi sono trovata ad essere quasi perfettamente d’accordo con Bordone, e la cosa mi lascia anche un filino turbata.
Soprattutto, condivido molto il discorso che fa lui sull’anzianità vs. meritocrazia e sui mali che può provocare in un’azienda privata la prevalenza della prima logica. Ancora di più se si parla di una professione intellettuale, che è un po’ diversa dal rispondere al telefono o sturare lavandini: mi sembra che il criterio del “c’ero prima io” a scapito del talento sia, banalmente, deleterio.
(Questo nonostante alcuni articoli terrificanti che mi capita di leggere -di solito in seconda pagina- sul corriere mi facciano venire il dubbio che il criterio aziendale sia “gonfia retorica stantia – who does it better?”. Fatti loro, in ogni caso)Rispondi | Cita
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Per quanto tu possa pensare che “sia naturale” (e naturale non è, l’entrare nella testa delle persone e decidere per loro cosa sia stato detto o meno), Paola pare non aver mai detto che il tipo è stato raccomandato, ma solo che *lei* non è raccomandata.
Io credo che di quello che ha desunto la gente, delle affermazioni di Paola, lei non ne abbia colpa.Rispondi | Cita
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Gatto Nero scrive::Per quanto tu possa pensare che “sia naturale” (e naturale non è, l’entrare nella testa delle persone e decidere per loro cosa sia stato detto o meno), Paola pare non aver mai detto che il tipo è stato raccomandato, ma solo che *lei* non è raccomandata.Bene. Ti pregherei, però, di rispondere ai miei argomenti, e non bypassarli completamente: quindi perché lui le è passato avanti?
Se mi offri un’alternativa verosimile vuol dire che ho sbagliato, e tolgo il PS.Rispondi | Cita
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Giovanni, forse le è passato avanti perché è più bravo. Questo non toglie il fatto che Paola si è resa conto di colpo che l’investimento che stava facendo da sette anni non la avrebbe portata da nessuna parte. Che lei come tanti altri non può costruire un progetto di futuro per sé perché in Italia alle aziende conviene avere una massa di lavoratori sottopagati e disposti a tutto piuttosto che sottostare agli obblighi dello statuto dei lavoratori.Rispondi | Cita
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E no, non esiste il diritto per tutti ad essere assunti nel proprio posto preferito. Ma io credo che sia un diritto saperlo entro pochi mesi se l’azienda ti ha scelto e poi deciso di confermarti.Rispondi | Cita
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Certo che lo abbiamo pensato tutti, chi più o chi meno, Giovanni: è una debolezza umana.
Ma un conto è pensare, e un conto è affermare. E Paola non ha affermato, mentre voi la state processando su questo punto come se lo avesse fatto.
Per questo il tuo PS è sbagliato, Giovanni. Perché fai passare un messaggio che non è.
Per inciso, è difficile far capire come il problema non sia tanto che sia stato assunto (“assunto”, fra virgolette, che qua bisogna far sempre dei distinguo) al posto suo, quanto che non sia stata assunta lei o chi per lei, precario da anni.
Certo: sono due questioni strettamente correlate, ma la sfumatura è parecchio diversa.Rispondi | Cita
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mattiaq scrive::Questo non toglie il fatto che Paola si è resa conto di colpo che l’investimento che stava facendo da sette anni non la avrebbe portata da nessuna parte.Di colpo? Cioè all’improvviso?
Che cosa è successo a Paola di colpo dopo ben sette anni, Mattia?
Me lo spieghi, come direbbe Giovanni, come si spiega a un bambino?Rispondi | Cita
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Lei se ne è resa conto di colpo evidentemente altrimenti non si spiegherebbero questa scelte drammatiche. Avrebbe dovuto accorgersene prima? Certo. Ma il dramma di tanti è proprio questo, considerare la propria condizione come un passaggio necessario, illudersi di avere prospettive, restare ancorati alle proprie illusioni e poi accorgersi che in Italia certezze per il futuro sono impossibili. Il fatto che fosse un’illusa però cosa significa? Che difendiamo solo i forti e che i deboli e gli illusi sono causa del loro male e quindi non meritevoli di difesa?Rispondi | Cita
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mattiaq scrive::gli illusi sono causa del loro male e quindi non meritevoli di difesa?Oh, be’, un pochino sì. Se hanno più di quindici anni sì.Rispondi | Cita
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Gatto Nero scrive::Ma un conto è pensare, e un conto è affermare. E Paola non ha affermato, mentre voi la state processando su questo punto come se lo avesse fattoGatto, Paola ha detto che questa persona era stata assunta al posto suo e che era lei a meritarlo, quel posto. Che questa persona l’ha scavalcato e che lei protestava contro le persone, o il sistema, che avevano permesso che succedesse.
Ora: dire questo equivale a dire che quello è raccomandato, se non ci prendiamo in giro, perché se dici che qualcuno ti ha superato, e tu stavi andando a 130h stai dicendo proprio che quello ha superato il limite di velocità, anche se non scrivi quelle esatte parole.
Paola avrebbe potuto scrivere, ad esempio, “probabilmente l’hanno preso perché è più bravo di me”, oppure qualunque altra prospettiva – che non sto mica dicendo che sia vera, eh, magari è raccomandato per davvero – ma quello che ha scritto equivale esattamente a dire che quello è un raccomandato.Rispondi | Cita
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Blimunda, a me era chiaro che RCs Periodici e Rcs Qotidiani sono due cose diverse. Ma che c’entra col discorso che ho fatto? La crisi Rcs Periodici (http://www.quartopotere.org/news/images/stories/rcs%20periodici%20verbale%20riunione%2028%20luglio%2009.pdf come vedi dà un arco di 24 mesi dal 1/12/2009, per cui siamo a metà del guado) con una diminuzione ventlata dell’organico del 35% circa (90 su 230), chiusura di 4 testate, ecc dovrebbe inserirsi molto bene nel contesto di cui stiamo parlando.
Ecco, per la parola “raccomandato”: Nicola Mattina ci fa pure il titolo, virgolettato come se lo avesse preso da una dichiarazione tua, dev’essere per quello che mi è rimasta impressa http://blog.nicolamattina.it/2010/11/paola-caruso-%C2%ABsorpassata-da-un-raccomandato%C2%BB/
Paola ha scritto “io non sono raccomandata” lasciando intendere che evidentemente qualcun altro sì.
Alessio, mi pare che non facesse intendere nulla.
State desumendo una affermazione non fatta. In base a cosa?
Ah no, vedi? Ero certa di averlo letto. Non è solo Nicola Mattina che fa i titoli così. Pure Max Kava lo scrive:
Si è liberato un posto (a tempo determinato) con le dimissioni di un collega ma anzichè assumere un precario, il Corriere della Sera ha scelto una persona proveniente da una scuola di giornalismo. Paola dice che è un raccomandato, questo non lo so ma certamente ha meno esperienza di chi collabora da anni. http://www.maxkava.com/2010/11/corriere-della-sera-sciopero-della-fame-contro-i-raccomandati/
A me pare che il post in cui si parlava di “pivello raccomandato” sia stato cancellato. Quello da cui poi tutti hanno ripreso i loro post.
Se ho avuto le allucinazioni solo io, allora chiedo scusa.