Sono stata al Festival del giornalismo di Perugia e mi sono divertita. Molta energia, molti ragazzi, molto entusiasmo. Per chi fa questo mestiere da anni, a volte stancamente, spesso senza alcuna emozione, confrontandosi con tematiche sindacali, anacronismi, resistenze al cambiamento, è incredibile pensare che 200 giovani siano arrivati a Perugia come volontari, per seguire gli eventi e aiutare gli organizzatori. Per la cronaca, qui c’è una breve intervista a una delle organizzatrici, Arianna Ciccone.
Io invece volevo proseguire dicendo le solite vecchie cose, banalità che ripeto da una vita. Perché quando mi è capitato e mi capita di fare workshop per i giornalisti della carta stampata che vogliono prendere confidenza con il web, i discorsi sono sempre quelli. Non c’è budget. Non c’è staff. Non ci sono strategie. Si naviga a vista. Ora, io non voglio difendere la categoria; non lo faccio quasi mai. E sono certa che molte lentezze, molte incertezze, molti insuccessi del giornalismo digitale in Italia siano dovuti anche alle resistenze, chiamiamole culturali, di una larga parte di giornalisti abituati alla carta, ai privilegi acquisiti di un contratto che non ha eguali, a un certo modo di lavorare radicato nei decenni; però se il cambiamento non inizia in maniera forte e inequivocabile da chi sta in cima, sarà molto difficile che chi sta sotto lo recepisca e lo faccia suo.
Quindi, ecco cosa avrei detto agli editori online.
1) Pagate chi lavora per voi. Parafrasando il noto detto, si può far lavorare gratis qualcuno a lungo o tutti in un breve periodo; non tutti per sempre. La qualità si paga, online come su carta. Chi scrive vive di firma, così come l’idraulico vive di sifoni sostituiti. Pagate l’idraulico, pagate chi scrive. Se non potete permettervi di sbagliare un’assunzione o un contratto, proponete delle brevi prove, un rimborso spese, quello che volete; poi, finito il breve periodo, prendete una decisione: o fuori o dentro. Ancora, per chi “fa il budget”: vi rendete conto che non ha senso pagare migliaia di euro per la progettazione di un contenitore e due castagne e un fico secco per chi questo contenitore lo dovrà , appunto, riempire di contenuti?
2) Non riempite le redazioni online di dinosauri. Lo so bene; come in tutti gli altri settori, ci sono persone che lavorano alla grande e altre che scaldano la sedia. Ed è difficile recuperarle e reinserirle nel processo produttivo. Forse nelle redazioni ancora un po’ più difficile che altrove. Non è un buon motivo però per infarcire le redazioni online, per chi ce l’ha, di persone stanche, demotivate, sfiduciate, che tirano alla pensione. Che piaccia o no, è quello il settore di punta, quello che nutrirà il vostro business nei prossimi anni (qualche esempio tra le decine? Qui e qui). Ha bisogno di una strategia di assunzioni mirate, fresche, brillanti, non degli scarti di altri reparti.
3) Non soffocate il lettore. Chi è così lungimirante da aver creato una vera redazione online, spesso la utilizza male. Quello che vedo sono giornalisti o editor sotto pressione per 12 ore al giorno a inserire pezzi su pezzi, rimpasti di agenzie, fotogallery su fotogallery perché le foto, si sa, fanno click. Risultato, si travolge il lettore con una marea di aggiornamenti, update, sollecitazioni a leggere pezzi subito sostituiti da altri pezzi che vanno a loro volta persi come lacrime nella pioggia. In un calderone di contenuti spesso senza una vera linea editoriale, con l’unico obbiettivo della quantità , della ricchezza dell’offerta, dell’overload. Perché non concentrarsi su poche cose ma buone? Perché non produrre vero valore? Approfondimenti, opinioni, un’informazione cesellata, per sottrazione, fatta più di no che di sì, diversa, originale? Sì, do your best and link to the rest. Fa così schifo?
4) Abbattete gli steccati. Basta con i giornalisti “carta” e “online”. E’ ovvio che chi scrive sul web sia ancora considerato il parente povero se all’interno dell’azienda la mentalità è quella. Ovvio che spesso i trasferimenti dalla carta al web siano fatti obtorto collo, con tutti i problemi di cui al punto 2). Redazioni uniche. Riunioni uniche. Evitare di duplicare gli sforzi. Sfruttare il lavoro al massimo, per la carta, per il web, per tutti i mezzi possibili. No figli e figliastri, sì famiglia allargata.
5) Dialogate, dentro e fuori. Parlate ai giornalisti, condividete le strategie per il futuro (meglio: il presente) nell’online. Troppe volte ho sentito dire: “Non sappiamo niente. Non ci dicono niente. Non sappiamo cosa verrà fatto. Non sappiamo come lavoreremo”. I cambiamenti professionali spaventano. Il silenzio aziendale, la mancanza di informazioni condivise, aumentano la paura e la chiusura verso il nuovo. Ancora: dialogate con i lettori. I social media non sono un male necessario, da sfruttare per qualche click in più, da esserci perché così fan tutti. Non sono un megafono per strillare decine di articoli e trovarsi nella stessa situazione di cui al punto 3). Sono un’immensa fonte. Un immenso focus group (gratis). Un’immensa platea per capire cosa i lettori veramente vogliono da voi, cosa apprezzano e cosa no. Non siete eccitati?
Qui un bell’intervento sull’argomento di Mafe De Baggis nel quale dice, fra l’altro:
Gli editori sono come quelli che vogliono dimagrire mangiando gli zuccheri. Tranne quei casi fortunati (che affolleranno i commenti) più o meno ormai lo sappiamo: se vuoi dimagrire devi vivere a pesce, carne bianca, verdura e poca frutta. Se per te senza brioche e pasta al sugo non è vita, non dimagrisci. È semplice.Per l’editoria è la stessa cosa: capire che cosa fare è molto più semplice di come ce lo raccontiamo, il problema è che nessuno sembra avere intenzione di farlo.
Infatti.
Il punto 1 in effetti vale per ogni settore :-)
Personalmente mi vanto di farlo sin dall’inizio…
Io ti amo, è ufficiale, voglio lavorare solo con te.
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è la primavera. facciamo le cosacce.
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Grazie, e anche: magari.
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Pentalogo per gli editori sul web http://bit.ly/hcJDMw #SMM #Italy
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molti molti like. anche io vorrei lavorare con voi :)
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Pentalogo per gli editori sul web: http://bit.ly/ihYyO6 da Blogger Italiani
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Pentalogo per gli editori sul web at Blimunda http://t.co/LZEKpcU
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amen.
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Devo riportarlo su, è necessario
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solo un appunto: mai visto nessuno pagare tanto per la progettazione ;) (per il resto perfettamente d’accordo)
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solo un appunto: mai visto nessuno pagare tanto per la progettazione ;)
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No, vabbè, devono farti direttore dell’universomondo.
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Laura: è tutto relativo, ovviamente; tanto, comparandolo a quello che sono disposti a spendere per pagare i contenuti. @Luisa: appena succederà, sarai il mio vice (quindi, tieniti il lavoro che hai, va’).
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@laura, non parla della sola progettazione grafica (ma anche lì, io sì, ho visto pagare spropositi)
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no no, ma che grafica, io parlo di progettazione e basta, che di solito non viene manco pagata
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non so, io ho sempre visto pagare mijardi per la progettazione e pugno di lenticchie per i contenuti.
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@blimunda accidenti, mai che io sia da quelle parti allora! Sui contenuti hai ragione da vendere
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se tutte pensate che nel vostro settore non si venga pagate abbastanza, forse dovreste farvi delle domande sul vostro valore autopercepito.
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@laura, io campo di solo progettazione, credo sia una questione di ruoli percepiti
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Riformulo: diciamo che sui grandi progetti editoriali, quando viene incaricata un’agenzia per la progettazione di solito non si bada a spese; poi, quando il contenitore è pronto, si scopre che nessuno ha pensato a chi lo riempirà e nessuno ci vuole pensare, quindi freneticamente si cercano contributi gratis o quasi che vanificano tutto il lavoro di progettazione fatto a monte.
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riformulo anch’io: quando si chiama grande agenzia per grande progetto viene pagato il nome e le persone coinvolte (pm, account ecc). Anch’io me la cavo, ma sposto il peso su altre cose che non siano pura progettazione. Mafe tu campi di progettazione e consulenza
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comunque era un’esternazione così per amor di precisione, vi ho già detto che sono d’accordo con voi e per quanto mi riguarda se potessi lavorerei solo con voi
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confermo esperienza: progettazione esterna pagata un fottio, contenuti lasciati ai ritagli di tempo di chi lavora al resto con rischio di decesso in culla. Mi fermo per non annoiare, ma i punti sono interessanti quanto mai
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e io ti ho già detto che devi alzare i prezzi :-)
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ecco sì, @mafe scherza, però i prezzi vanno un po’ alzati, sennò ci si svaluta da soli al di là dell’autopercepito di @frullato sui cui c’è da riflettere
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ma il mio problema non sono i prezzi, mi faccio pagare il giusto, è solo che carico voci che in un mondo ideale avrebbero meno valore :)
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Guia, in generale sono d’accordo: spesso chi piange miseria non vale l’aumento di stipendio che vorrebbe e molte lamentele nascono da un’errata percezione del proprio valore; sui contenuti per il web però è un po’ diverso, c’è realmente una tendenza al ribasso, indipendentemente dalla qualità.
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Guia, in generale sono d’accordo sul fatto che spesso chi piange miseria non vale l’aumento di stipendio che vorrebbe e che molte lamentele nascono da un’errata percezione del proprio valore; sui contenuti per il web però è un po’ diverso, c’è realmente una tendenza al ribasso, indipendentemente dalla qualità.
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ma soprattutto la sproporzione rispetto ai costi di progettazione, come dicevi tu. il web, dal punto di vista delle grandi aziende, rimane ancora un gran bel contenitore luccicante.
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per dire, una nostra comune amica prendeva per un giorno di progettazione quello che prendeva per due settimane in redazione (stesso editore, stesso progetto)
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ecco, appunto
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pure ‘sta cosa che volete i lavori continuativi e che vi rassicurino e sapere che tra sei mesi ancora sarete lì, e però volete che siano pagate come consulenze. fate pace col cervello. il paese di mitomani ha brevettato una nuova ideologia: i liberal socialdemocratici. la terra delle opportunità newyorchese, ma col welfare svedese. una repubblica fondata sulla lagna permanente effettiva.
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@frull: più che altro bisogna fare pace con la realtà :)
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Sì, ma non stiamo parlando delle nostre carriere, stiamo parlando del senso che ha spendere due milioni per un sito che avrà un borderò di 20000 euro
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Sì, ma non stiamo parlando delle nostre carriere, stiamo parlando del senso che ha spendere due
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mafe, se mi fai l’esempio «per un giorno di consulenza ti pago come per due settimane di redazione» stai parlando esattamente di quel che dico io.
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giusto per uscire dal gorgo dell’auto/eteromeritologia e dell’infallibilità presunta del mercato, aprirei il fronte sul punto 3: per come funziona l’advertising sul web (e ben lungi dall’essere arrivati ad altri bizmodel sostenibili), e per quelli che sono i comportamenti (finora studiati) dei fruitori di informazione online, "poco ma buono" è un consiglio che non è possibile seguire (a meno di non volerci andare a perdere). sono aperto a ogni violenta smentita (anzi, ci spero proprio), ma che sia basata su case history che tengano conto quantomeno del punto 1, però.
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cyb, non nego l’importanza dei volumi, ma è altrettanto vero che continuando a perseguire un’informazione online un tanto al chilo l’auspicato salto di qualità non lo vedremo mai. Ci sono realtà, ad esempio, che hanno deciso di non replicare pedissequamente tutte le notizie già date da tutti gli altri media, ma di concentrarsi ad esempio sull’opinione (huff post e da noi ilpost). Mi fai un esempio però di comportamenti (finora studiati) dei fruitori di informazione online?
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@blimunda: ecco, io volevo usare i tuoi punti anche e proprio per spiegare ai piani alti da me che la quantità senza qualità non porta da nessuna parte, se non a un ossessivo rincorrersi. Come ha detto qualcuno: ‘l’Ansa c’è già’, copiaincollarla non ci dà molto
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sul primo punto: sono d’accordo con te, e spero anch’io che online non voglia dire "un sacco di robaccia, ma tanta", solo che per ora il tutto non mi sembra sostenibile, e la colpa mi sembra molto poco del giornalismo. esempio di comportamento di fruitore di informazione online: qualsiasi cosa venga registrata da un software avanzato di analytics: tempo di permanenza su pagina, click through rate, tempo di permanenza sull’intero sito, analisi per contenuto di singola pagina, origine del traffico, etc.; da questi dati di solito si deducono: poca attenzione (alta distraibilità), attrazione per lo strillo e per le immagini, frequenti ritorni da pochi minuti piuttosto che una sola visita di vari quarti d’ora, molto traffico proveniente da ricerche – a volte poco correlate col reale contenuto che si trova, ma che comunque generano o possono generare guadagno, visto come viene pagata la pubblicità su web, eccetera. Anche il post – pur essendo "di opinione" – pubblica delle "brevissime" che generano una URL parlante e…
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ilpost si concentra "sull’opinione"?
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ilpost è concentrato "sull’opinione"?
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il post paga i contenuti?
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imho paga i contenuti che ha (p.es. le brevissime, tra virgolette, cui accenna cyb)
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non che non si troverebbe chi, contenuti del genere, li fornirebbe tranquillamente gratis, beninteso
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non che non si troverebbe qualcuno che lo facesse gratis, beninteso
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@Cyb: ci siamo su quasi tutto. Solo un appunto: qualità non vuol dire essere prolissi o peggio sbrodoloni. Qualità è selezione, anche nelle brevi. Secondo me. Ma sono un novizio
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il problema è che in certe redazioni, quando si suggerisce di prendere confidenza con il web, non è chi ci lavora bensì lo stesso Editore che fa sempre gli stessi discorsi. non c’è budget. mi riferisco alla piccola editoria. e allora sembra di dover lottare ogni volta contro mulini a vento..
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Cyb, sicuramente, e visto che gli unici settori in crescita nella raccolta pubblicitaria sono il web e la tv, è una pagnotta ancora più pesante. Continuo a chiedermi però se il problema stia in cosa viene proposto o in chi legge, che non ha praticamente alternative a questa riproposizione continua di copiaincolla, tette e video degli orsi che ballano, esattamente come dieci anni fa. @Valentina*, quando nacque ilpost, un anno fa, mi sembra di ricordare che il focus fosse sull’approfondimento, sulle diverse voci intorno a notizie selezionate; l’idea non era di inseguire Repubblica o il Corriere, per dire. Io do per scontato che paghi, almeno alcuni contenuti, ma magari mi sbaglio.
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