Era quel periodo bellissimo in cui finivano le scuole e noi, fortunati perché vivevamo in una città di mare, iniziavamo a salire e scendere dai treni per la riviera, tutto il giorno, tutti i giorni (curiosamente, di quelle estati non ricordo neppure un giorno piovoso, e sì che ce ne saranno ben stati). Ricordo ancora, invece, gli orari dei treni: 12:18 all’andata, 18:06 il ritorno. Fra l’altro: intere giornate ben lontano da casa, a 14 anni, senza cellulare. Ovviamente, se penso che fra qualche anno potrebbe farlo mia figlia mi viene l’angoscia, ma si sa, erano altri tempi.
Finiva così tutto il mese di giugno e una buona parte di luglio. Il sole, il caldo, lo stare insieme tutti i giorni, le prime uscite di sera, l’ormone, of course; bastavano per guardare con occhio diverso i soliti amici della solita compagnia o per far apparire incredibilmente interessanti quelli nuovi, che si agglomeravano al gruppo per lo strano fenomeno delle compagnie che crescevano, diminuivano, cambiavano i componenti come Goldrake (ma oggi, ci sono ancora le compagnie? I ragazzini vanno ancora al mare con il treno, dalle periferie di Genova fino alle prime spiagge?). Quindi nascevano flirt, pseudoflirt, “simpatie”, come diceva mia nonna.
Poi, agosto: prima uno poi l’altro poi tutti partivano per le vacanze quelle vere, quelle con i genitori, che spesso non erano divertenti la metà di quel mese passato liberi ad andare in spiaggia con il treno avanti e indietro, a salire sulle carrozze roventi con il ghiacciolo comprato poco prima di salire, che si scioglieva in un minuto.
E siccome il ricordo della “simpatia” o pseudo flirt o quello che era stato era forte, durante i primi giorni di vacanza, quando ancora non si conosceva nessuno e l’ambiente appariva estraneo e ostile, si faceva quella follia di scrivergli una cartolina. Studiando per ore la frase a effetto, quella che diceva e non diceva, e poi si riduceva nove volte su dieci al solito “Wish You Were Here”, che non era neppure della nostra generazione funestata dai paninari, no, ma molti avevano fratelli e sorelle maggiori a cui rubare slogan e titoli giusti.
Poi passavano i giorni, si conoscevano nuove persone, nascevano nuove “simpatie”, passava un mese ma pareva un anno e i soliti amici con cui si era condiviso quell’inizio di estate urbana sfocavano in ricordi confusi. E ci si dimenticava di quella cartolina incongrua scritta in un vago momento di nostalgia, con la frase che diceva e non diceva, pareva non fosse così esplicita, e comunque era passato quasi un mese, figuriamoci se lui se ne ricorda. E invece diceva fin troppo e lui se ne ricordava benissimo perché l’aveva appena letta, visto che dopo il mare era stato due settimane con i nonni in una delle amene località di campagna nei dintorni di Genova (Busalla, Torriglia, fate voi) ed era tornato un giorno dopo di te, giusto per trovare nella cassetta della posta la cartolina incriminata con la tua firma.
E appena ti vedeva, con il mezzo sorriso dell’appena adolescente che non sa bene quel che deve fare, esordiva “Grazie per la cartolina” e tu, con tutte le tue nuove conoscenze nella testa, lo vedevi brutto, piccolo, sfigato, lo guardavi come si guarda un bastoncino del gelato nella sabbia, volevi seppellirti e pensavi che avevi un obbiettivo, ora: non incontrarlo più, almeno fino all’inizio delle scuola. Che vergogna, ma chi me lo ha fatto fare di scrivergli quella cartolina, a cosa stavo pensando?
Meno male che oggi ci abbiamo le mail, che di cazzate ne scriviamo tante lo stesso, ma almeno arrivano nel momento in cui (ancora) le pensiamo.
Io trovo che sia terribile questa cosa delle mail…specialmente a tarda sera, stanchi e magari pure un po’ “bevuti” rischiamo di combinare dei disastri senza precedenti! Almeno per la cartolina ci voleva più tempo, dovevi comprarla, scriverla, comprare il francobollo, imbucarla…molto meglio! Avevi il tempo di renderti conto della stronzata che stavi per fare! ;-)
laura, non so: con la mail, con le chat, eccetera, di belinate ne ho fatte, anche madornali, però con risultati (e danni) immediati. La cartolina (o la lettera, ancora peggio perché potevi scrivere di più e quindi pentirti di più), la spedisci ora e tra poste e vacanze uno la legge dopo un mese, quando, soprattutto da adolescente, hai fatto in tempo a cambiare idea 246 volte…
Belle però le lettere e le cartoline. Ora il postino porta solo pubblicità e bollette poromo!
Eggià, io con le lettere ho fatto non pochi guai. Tra cui scriverne una, insieme ad un’amica, rivolta ad un ragazzo molto più grande di noi di cui eravamo follemente innamorate.
Noi avevamo qualcosa come 16 anni, lui 24, e non si sarebbe comunque mai accorto della nostra esistenza (e sarebbe stato meglio così), ma noi prese da un raptus di amore folle (e deficiente) abbiamo scritto questa lettera in cui non si capiva quale fosse l’intento..
Ovvio immaginare che la nostra lettera ha fatto il giro del quartiere (Sampierdarena) e la successiva difficoltà di nasconderci per mesi sperando poi “che magari non ha capito bene che eravamo noi”!
Che figura di merda memorabile!