Passavo in via Ronchi per andare a recuperare la macchina, parcheggiata lì, da qualche parte. Via Ronchi, a Milano, zona Lambrate, non è che sia particolarmente brutta. Nemmeno bella, naturalmente. E’ una grigia via di mezzo tra l’inizio del centro e la più triste periferia, che si indovina già in fondo allo stradone e quattro corsie poco più avanti.
Palazzi anneriti, traffico costante, qualche negozio che per quanto ce la metta tutta non riesce a togliersi di dosso l’aria di quartiere, finestre perennemente sigillate causa smog, alberi stenti nei pezzi di giardini a piano terra che tentano di bucare le griglie e le inferriate coi rami, assurdamente carichi di gemme – loro ci provano, cosa altro vuoi fare?
Insomma però nonostante tutto ero quasi allegra perché erano le 18 e c’era ancora un azzurrino chiaro magrittiano, e pensavo che forse arriva la primavera, e che quelle gemme che spuntavano dalle inferriate di ferro alla fine avevano una loro bellezza.
E poi passo davanti a due vecchiette, e le loro parole mi rimangono attaccate come nella scia, sai quando continui a camminare ma forse impercettibilmente rallenti, perché cogli una frase, un pezzo di conversazione, e improvvisamente ti trovi a stare a sentire mente cammini, e loro parlavano, anzi discutevano animatamente, di scampoli.
Uno scampolo di stoffa comprato forse al mercato al mattino, e che era troppo grande, o che costava troppo, e una diceva all’altra, cosa l’hai comprato a fare quello scampolo, che quello così grande nemmeno ti serve, te l’ha voluto vendere per forza, e l’altra mugugnava qualcosa tra i denti e si sentiva che però sotto sotto dava ragione all’amica battagliera e forse un po’ si pentiva di quell’acquisto avventato.
E io pensavo che magari oggi uno scampolo di stoffa al mercato, quanto costa? Un euro, due euro? E che quelle signore a occhio e croce hanno l’età di mia nonna, e come lei hanno visto la guerra, e si sono sposate, e hanno fatto dei figli, e hanno tirato su la vita coi denti, e magari sono nate a centinaia di chilometri, e adesso sono lì in mezzo a un marciapiedi sporco di via Ronchi a struggersi per uno scampolo.
E comunque fa un freddo bastardo, altro che primavera.
Grande post, mi sembrava di esserci e sentirle parlare. Comunque quest mattina a Genova 3 gradi, fanculo l’inverno (che però quando sento la canzone di faber mi diventa quasi simpatico)
serpe
Si ho sentito che fa un freddo boia anche lì. Magra consolazione. Faber, invece, è sempre una grande consolazione.
…altro che freddo Bli… qui neve per strada e freddo polare!!! Un abbraccio mapi ;)